Dopo Parasite e Squid Game e Triangle of Sadness abbiamo un nuovo partecipante nella gara dei film contro la differenza tra classi sociali. Non vorrei dire che The Menu è forse il più piatto in questa breve lista ma… è proprio così.
Un gruppo di 11 ricchi stravaganti (più la nostra eroina, per un totale di 12) si ritrovano nel rinomatissimo ristorante dello chef stellato Julian Slowik (un sempre grande Ralph Fiennes). Tra i vari personaggi troviamo la coppia di abitudinari, la critica culinaria, l’attore dimenticato da tutti dopo un film di successo, i giovani ricchi figli di papà e un appassionatissimo fan della cucina, accompagnato da Margot (Anya Taylor-Joy). Lo chef presenta una portata dopo l’altra, raccontandone la storia ed il significato ma, a mano a mano che i piatti vengono serviti, i clienti si rendono conto che chef Slowik ha molto altro da dire, facendo diventare la serata una lotta per la sopravvivenza.
Il concetto è molto semplice, ma anche altrettanto originale: ogni portata rappresenta l’egoismo e l’egocentrismo dei commensali, inizialmente in modo abbastanza generale, poi concentrato sui singoli personaggi, per finire con un discorso prettamente legato alla cucina, ma che ovviamente funziona anche per la “vita di tutti i giorni”. In tutto questo c’è un problema: Margot. Lei è l’unica che non ha niente a che fare nella lista degli invitati, essendo invitata all’ultimo e… spoiler – una prostituta. Lo chef chiaramente lo sa, perché gli invitati sono stati scelti con molta cautela e precisione, una piccola differenza può distruggere tutto il suo piano, ed è quello che potrebbe accadere con Margot.
Lo chef, così come nella vita vera, dice a Margot di scegliere da che parte stare: nella ciurma di Slowik o con gli insopportabili clienti? Perché lui sa che in realtà lei non centra niente con quel tipo di clienti, sa che lei non fa parte dell’alta società, bensì è giù in basso, insieme a camerieri, cuochi e chef.
Quello che spinge il rinomato chef ad organizzare questa serata è il cuore del film: per anni la sua carriera si basava sul rendere felici le persone, sulla semplicità di un pasto fatto bene e con cura. Andando avanti il tutto si è trasformato e lui non si riconosce più in quello che sta facendo, una cucina di qualità estrema, ottenibile solo dai ricchissimi dopo mesi di attesa. Persone che non apprezzano ciò che mangiano, lo fanno solo perché possono e perché migliora l’immagine andare in un ristorante di quello specifico chef. Slowik ha deciso allora di smettere, di raccogliere un esempio di ogni tipo di persona che più non rispetta la sua cucina e, finalmente, farli pagare.
Ho già detto troppo e non voglio fare spoiler inutili. Finisco quindi col dire che come film era inaspettatamente interessante, con una bella tensione e un messaggio molto forte. Quello che Slowik vuole mandare è un messaggio che tocca tutti: adesso si fanno le cose senza nemmeno pensare perché si fanno, lo solo scopo è guadagnare soldi o immagine. Tutto questo viene mandato attraverso delle portate abbastanza geniali (il pane insistente è il migliore), per poi finire un po’ nell’esagerazione (non so perché, ma i marshmallow mi hanno ricordato l’orso di Midsommar).
Rispetto al messaggio che è complesso e intricato, il film è invece leggero e diretto, il che lo rende godibile per tutti, recuperatelo al cinema se ci riuscite!
Voto: 3.5/5