Tutti ormai conoscono la storia della principessa Diana, chi più chi meno, non c’è quindi un modo nuovo per raccontarla. Ci ha provato Naomi Watts nel 2013 nel film Diana (abbastanza noioso) e, ancora più recentemente, Emma Corrin nella quarta stagione della serie The Crown. Da grande fan della serie, non potevo chiaramente perdermi il film su Lady D, molto curioso da come Kristen Stewart (diciamolo, Bella in Twilight) potesse interpretare la principessa. Devo dire che ho forse fatto un errore, entrando in sala con delle aspettative abbastanza alte, visto il bellissimo film, sempre biografico, fatto in precedenza dal regista Pablo Larraìn che ho amato: Jackie. Pensavo: “il Grandissimo ha fatto un capolavoro sulla biografia di Jackie Kennedy e adesso di butta su Lady Diana? Ottimo ci sto”. Era forse per colpa di queste aspettative che il film non mi ha colpito particolarmente.
Inizio col dire che la Stewart ha fatto un ottimo lavoro, così come il trucco e parrucco e i costumisti: ci somiglia tantissimo e lei si è calata molto bene nella parte. Tanto per cominciare, dalla voce. Molto fine, con un accento inglese perfetto, è veramente uno specchio della vera Diana. Così come i movimenti e il carattere (fortemente) sottomesso alla famiglia reale, in ogni dettaglio ti sembra di vedere la principessa Diana nello schermo. Ovviamente in molti urlano già all’Oscar (così come Natalie Portman era stata nominata per Jackie), io dico di aspettare di vedere quali altri film escono e di stare un po’ calmi.
Il film non è una biografia completa, mostra soltanto lo svolgimento del ritiro dei tre giorni di Natale della famiglia Reale nel loro castello (o come si chiama) in campagna (nessuna idea di dove sia, i ricordi sul film cominciano ad affievolirsi). Quindi tutto quello che Larraìn vuole raccontare sulla vita difficile della principessa, viene purtroppo condensato in questo evento di tre giorni. Di conseguenza è abbastanza palese che non ci troviamo di fronte ad una storia vera al 100%, bensì ad una ricostruzione di “come è secondo noi rispetto a ciò che sappiamo adesso”. In questi tre giorni lo spettatore vede tutto quello che tormenta la giovane Diana: la relazione malata con Carlo, l’amore per i due figli, il rapporto con il cibo, la pressione della famiglia, l’assenta completa di libertà e la malinconia del suo passato. Per questo il film sembra un po’ spinto nel mostrare tutto questo nel solo svolgimento del Natale. È ovviamente un mio parere, ma avrei preferito una narrazione come quella che aveva usato in Jackie: irregolare ma completa, noi viviamo e vediamo tutto quello che lei ha vissuto, arrivando addirittura a non voler vedere determinate scene, siccome abbiamo già visto come lei è rimasta turbata.
La fotografia, così come la regia, sono impeccabili, su questo non si può dire niente. Molto spesso Larraìn è molto vicino alla Stewart, quasi soffocandola nell’inquadratura. Tantissimi primi piani molto vicini e una messa a fuoco non sempre perfetta, come se non fosse importante quello che stiamo guardando, ma è palese che l’oggetto inquadrato non è a suo agio in quell’ambiente.
Un ultima cosa, a parte lei, tutti gli altri attori non ci somigliano per niente alla famiglia Reale (vedete nella foto).
Quest film non si può certamente criticare nella tecnica, è intoccabile, peccato che il regista ha preferito condensare una vita che sarebbe stato molto interessante vedere intera in un racconto di soli tre giorni. Per il resto, complimenti alla Stewart e ci vediamo a Febbraio agli Oscar.