Blackberry

La mia relazione di amore/odio con i film biografici continua, stavolta, grazie a dio, in positivo, probabilmente perché in questo caso non si parla di un biopic su un personaggio specifico, bensì su uno dei telefoni di più successo della storia della tecnologia: ovviamente il Blackberry. Per quanto la trama non sia né accattivante e nemmeno originale, il film riesce ad incollare lo spettatore allo schermo in modo molto intelligente.

Non siamo a Los Angeles o nella Silicon Valley, ma soltanto in un ufficio pieno di sfigati nel bel mezzo di Ontario, in Canada. Loro formano la Research In Motion, di cui Mike Lazaridis è CEO e Douglas mascotte ufficiale. Stanno per preparare il prototipo di un telefono che permetterà di inviare anche delle e-mail: sarà proprio come avere un computer nelle proprie mani. Ovviamente mancano i soldi e, dopo vari scontri, fanno squadra con Jim Balsillie, un agguerritissimo uomo d’affari pronto a tutto pur di far soldi. Così nasce il Blackberry, il famosissimo smartphone con la tastiera dominerà il mercato per anni. Tutto va bene, finché, nel 2007, la Apple organizza una misteriosa presentazione destinata a cambiare le sorti dell’azienda.

Il film è semplice, lineare e a tratti anche molto divertente. Ti permette di seguire la trama a volte complessa, tra pugnalate alla schiena e contratti illegali, tranquillamente e senza troppe domande. Lo stile di regia (il regista, Matt Johnson, interpreta anche Douglas) è chiaramente ispirato a quello di Adam McKay: camera quasi sempre in movimento, zoom veloci, da sembrare quasi un mockumentary. Ha forse esagerato con gli zoom, dopo due ora la tecnica risultava ripetitiva e non dava più nulla di nuovo al racconto o all’inquadratura, sembrava semplicemente la continuazione dello stile che aveva all’inizio. Infatti, inizialmente con questa tipologia di zoom permetteva di concentrarsi su determinati dettagli spesso ricorrenti nel film, in particolare un ronzio che fuoriesce dagli oggetti elettronici made in China che Mike tanto detesta. La macchina da presa è sempre pronta ad evidenziare gli oggetti, le espressioni e le reazioni di ogni personaggio. Ed è proprio questo che rende il film più fluido e altrettanto divertente, soprattutto per il personaggio di Douglas, un classico nerd senza freni completamente fuori dalla sua comfort zone quando si tratta di affari.

La storia è raccontata, per la maggior parte del tempo, dal punto di vista di Mike, la mente di tutto il progetto. Il film evolve così come cambia Mike: se all’inizio i colori erano forti e caldi come il suo carattere, alla fine tutto diventa cupo e freddo, esattamente come Mike. La sua ossessione per riuscire a creare il prodotto perfetto è infine quella che fa cadere l’impero che lui stesso ha costruito. Sentendosi il re di un mercato completamente nuovo da lui creato, quello degli smartphone, rimane schiacciato dalla sua stessa evoluzione. Alla fine si rivela essere una persona legata unicamente all’orgoglio, senza comprendere minimamente quello che gli succede intorno, e diventa così non solo una vittima degli eventi, ma soprattutto una vittima di sé stesso. Nemmeno la fatidica presentazione dell’iPhone riesce a fargli aprire gli occhi, e accecato dall’orgoglio continua ad affermare che lo schermo tattile è un’idea idiota, i consumatori vogliono il click della tastiera Blackberry. Beh, ovviamente sappiamo com’è andata a finire.

Il film dà il meglio proprio nella scena finale, che chiude il cerchio evolutivo di Mike. Nei primi minuti del film, vediamo Mike che, pur di far smettere quel fastidiosissimo ronzio made in China che esce da un altoparlante, lo apre e lo aggiusta pochi secondi prima dell’importantissimo pitch del Blackberry. Nella scena finale, vediamo Mike completamente trasformato in un uomo d’affari, intento ad aprire il nuovo modello Blackberry Bold arrivato dalle nuove fabbriche cinesi. Lo accende e sente il ronzio. Lo apre e lo aggiusta. Apre un altra scatola e fa lo stesso. Si trova in un magazzino, solo, con migliaia e migliaia di telefoni difettosi. Il capitano affonda su una nave che nemmeno conosce.

Voto: 3.5/5

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