Annette

Dopo aver sconvolto il pubblico con Holy Motors ben 9 anni fa, Leos Carax è finalmente tornato dietro la macchina da presa, stavolta insieme a Adam Driver e Marion Cotillard, per il film che ha aperto questa edizione del festival di Cannes: Annette.

È molto difficile descrivere Annette, è un film che contiene veramente tante cose. Inizio col dire che è un musical completamente fuori dagli schemi. Le canzoni, fatto dal duo di fratelli Sparks!, sono quasi assurde in contesti ancora più strani che da spettatore mi hanno reso completamente spaesato. Lo sapete, odio i musical, ma Annette è l’eccezione. Le canzoni ti rimangono tutte in testa, dalla prima all’ultima, senza nemmeno che tu ne capisca il motivo perché sono canzoni stranissime. Un esempio? La nostra scena preferita: quando Marion Cotillard partorisce e tutta la sala parto canta “push Ann push, that’s it“. Capito il concetto? Ma andiamo con ordine.

Henry McHenry (Adam Driver) è un famosissimo cabarettista (che non fa ridere) sposato con la famosa cantate d’opera Ann (Marion Cotillard). La loro relazione ha degli intoppi, finché non arriva la loro prima figlia: Annette. Lei si dimostra un prodigio del canto e, nonostante i tanti rifiuti della madre, Henry vuole far diventare anche Annette una star internazionale.

Si la trama sembra semplice e anche abbastanza noiosa ma fidatevi che in questa 2 ore di film rimarrete a bocca aperta dagli shock che avrete. E da qui in avanti, vi avviso, ci saranno spoiler. Il film racconta di per sé la vita di due artisti che non sanno vivere “normalmente”. La loro storia e il loro amore è dettato unicamente dalla loro fama, così come il modo di relazionarsi. Henry odia come Ann si inchina al pubblico come se le fosse schiava, mentre lui il suo pubblica lo disprezza definendolo “una bestia senza pietà” che ride solo quando gli va bene senza badare all’artista. Ed è proprio questa differenza che spezzerà la coppia, letteralmente. Henry, durante una tempesta in un viaggio in barca, butta Ann in mare, uccidendola e rimanendo solo con Annette. È qui che Henry scopre il canto soave di Annette e gli viene per la prima volta l’idea di farle fare dei concerti. Annette diventa un altro oggetto per fare soldi, esattamente come lo sono i genitori. Nessuno è più libero di fare quello che vuole: ci sono soltanto le esibizioni al pubblico, a cui starà a decidere se l’artista merita i suoi soldi o no. Annette ovviamente diventa un fenomeno mondiale, nonostante tutti ormai odino Henry, e lui fa ancora più leva sull’amore che tutti provano per lei, finché lei si ribella e Henry finisce in prigione.

Tutto sembra fin troppo normale no? Si, ma ho tralasciato un piccolo dettaglio. Per rendere ancora più chiaro il fatto che Annette non è altro che una pedina per i genitori, beh, Annette è letteralmente un burattino, in tutto il film. È infatti da quella fatidica scena del parto che sono rimasto molto confuso. La bambina era in realtà un burattino di legno e nessuno diceva nulla. E si muove da sola pure, quindi è un burattino vivo (riferimenti a Pinocchio puramente casuali). Siccome non sapevo nulla del film ero completamente ignaro di questa cosa e, anche se all’inizio l’ho trovata fin troppo divertente (ha anche le orecchie a sventola), adesso la trovo un idea geniale. Questa semplice idea rende tutto il messaggio del film, e anche la scena finale ancora più forte.

Nella scena finale, Annette va a trovare suo padre in prigione, ma qui la vediamo per la prima volta come una bambina umana, finalmente libera dai giochi dei genitori.

Sapete che se sono io a consigliarvi un musical, deve veramente valerne la pena. Potete trovare Annette su Amazon Prime Video, intanto qui sotto vi lascio la scena iniziale del film, una delle più belle viste quest’anno.

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Beckett

Durate una vacanza in Grecia, Beckett (John David Washington) e la sua fidanzata April (Alicia Vikander) fanno un incidente in macchina e finiscono fuori strada sfondando il muro di una casetta. April muore e Beckett rimane solo in attesa dei soccorsi. Una volta arrivato in polizia, la gente inizia a comportarsi in modo strano: qualcuno, per qualche motivo, vuole Beckett morto. Lui fa di tutto per scappare e rimanere in vita, grazie all’aiuto di Lena (Vicky Krieps).

Peccato che quella sera la proiezione è stata spostata al Fevi, probabilmente il film avrebbe convinto di più se si fosse visto in Piazza Grande. Perché? Beh, perché dal nulla diventa un film d’azione random che non ha nulla a che fare con l’inizio. Capiamoci, il film inizia bene, è interessante, coinvolgente, c’è un mistero che si vuole risolvere e non si capisce chi è coinvolto e chi no, finché il nostro Beckett (ricordiamocelo, persona qualunque che è in vacanza) diventa una specie di 007 che schiva proiettili e pesta gente per strada. Capisco che in un modo o nell’altro il film deve andare avanti, ma se vuoi che la storia di realistica, perché non tenerla realistica e basta?

Insomma, April muore, lui si sente in colpa ovviamente e prende questa “caccia all’uomo” come modo per vendicarsi della sua bella. Per nessun motivo ovviamente, una colta che trova Lena potrebbe tranquillamente scappare, ma no, decide di fare tutto lui. Un po’ di spoiler adesso. La storia diventa un po’ più difficile quando si scopre che anche l’ambasciata Americana è in mezzo a tutto il bordello. Ma c’è una cosa fondamentale che non ha nessun senso: tutti vogliono che lui crepi perché ha visto dove è nascosto il figlio rapito di un politico. Allora, essendo che Beckett è un tizio qualunque in vacanza, non ha nessuna idea di chi o cosa lui abbia visto quando ha fatto l’incidente. Nonostante tutto, i greci lo vogliono ammazzare e lui lotta fino alla fine senza nemmeno sapere perché lo inseguono e lo vogliono morto. Ecco questa è la trama.

Non c’è molto altro da dire su questo film, il cast è abbastanza sprecato visto che non c’è una trama vera e propria, in particolare Alicia Vikander che appare più o meno 3 minuti in tutto il film. Se fosse stato un giallo/thriller, come lo era all’inizio, piuttosto che un film d’azione ignorante, sarebbe stato molto meglio e molto più intrattenente di quanto lo è adesso.

Se volete recuperare John David Washington che corre con il gesso al braccio per 108 minuti potete trovare Beckett su Netflix.

Vortex

Per chi conosce Gaspar Noè, sà che non è mai facile entrare in una sua proiezione tranquilli. Il suo nome è sempre stato sinonimo di “shock” e di “film estremi”, e stavolta ci porta un film di cui non si sa nulla, tranne il cast. Ed è qui la prima sorpresa: nel cast è presente, udite udite, Dario Argento. Essì, il maestro dell’horror stavolta lo vediamo nei panni di attore, per di più in un film dove si parla francese, immaginate la sorpresa. Ma andiamo con ordine, parliamo un po’ della trama. Molto semplice: seguiamo una coppia di anziani (Dario Argento e Françoise Lebrun) nel loro quotidiano, con il figlio e il nipote che fanno il possibile per aiutarli. Qui vediamo come, gradualmente, la demenza di lei diventa sempre più grave. Ecco tutto, niente di difficile. Ovviamente il tutto con un tocco di Noè che fa sempre male.

Comincio col dire che non è il solito Noè che ti sciocca in stile Irreversible o Enter the void, è abbastanza diverso. Tanto per iniziare non c’è quasi mai musica in questo film, parte portante di molte altre sue opere, ed è molto lento rispetto a quello che ci ha abituato. C’è una particolarità: così come nel suo mediometraggio “Lux Æterna”, Noè divide lo schermo in due rettangoli, e noi seguiamo momentaneamente i due personaggi, invece che uno alla volta come siamo abituati. A sinistra Dario Argento, a destra Françoise Lebrun. Ed è incredibile come Noè fa volare le camere senza farle mai incrociare anche quando i personaggi passano uno da parte all’altro, anche in spazi molto stretti.

Questo nuovo modo di gestire lo schermo mi ha veramente stupito. In Lux Æterna mi era piaciuto molto, anche perché era mille volte più caotico, e probabilmente proprio per questo motivo pensavo “funziona solamente perché è un mediometraggio”. Con Vortex, Noè dimostra l’opposto. Il film dura 2 ore e mezza, e all’inizio si fa un po’ fatica ad abituarcisi. Ma una volta che sei dentro ti rendi conto di quanto è bello non perdere niente di ogni scena, visto che la vedi da due punti di vista differenti.

Si, 2 ore e mezza di Noè non sono facili me ne rendo conto. Anche perché è una tipologia di film diversa dal suo standard e all’inizio ti aspetti un esplosione tipica di lui. La prima visione del film a Cannes è stata molto difficile (anche perché era a mezzanotte), e ammetto di aver perso qualche pezzo. Ma la seconda visione a Locarno (sempre alle 23, mai una volta che lo mettono ad un orario normale) è stata molto meglio. Probabilmente per il fatto che sapevo già cosa aspettarmi, ma ho visto come ha gestito bene il tempo e gli eventi nel film, e alla fine mi sono detto che quelle 2 ore e mezza non sono poi così pesanti, nonostante il film non sia per nulla leggero.

Lo so che state tutti aspettando la risposta ad una domanda: ma quindi, Dario Argento è un bravo attore o no? E si, siamo rimasti stupiti, ma è veramente un bravo attore. Una scena in particolare, che non descrivo nemmeno per lasciarvela gustare, ti spezza il cuore. Proprio per il fatto che nessuno si aspettava che fosse così bravo, rende la visione del film ancora più speciale. 

La scena però viene rubata da Françoise Lebrun, che nella sua parte è incredibile (mi ha fatto scendere più di una lacrima).

Vortex è senza ombra di dubbio il film più personale di Gaspar Noè, per un motivo molto specifico. Nel 2019 ha avuto un’emorragia cerebrale ed era ad un passo dalla morte. Ed è questa esperienza estrema che l’ha portato a scrivere e a girare Vortex.

Quindi, se siete pronti ad un tipo diverso di shock che vi farà passare la voglia di festeggiare un qualsiasi compleanno appena dopo la visione, Vortex è proprio il film che fa per voi!