Matrix Resurrections

Diciotto anni dopo la conclusione (perfetta) della trilogia, Lana Watchowski, Keanu Reeves e Carrie-Anne Moss tornano per aggiungere un altro capitolo alla saga di Matrix. Ambientato 60 anni dopo Matrix Revolution, si scopre che fine hanno fatto i nostri due eroi e come l’umanità potrà sopravvivere grazie al sacrificio di Neo. Ma la vera domanda è: era veramente necessario?

Proverò nei limiti del possibile di fare una recensione senza spoiler, ma vi dico già che racconterò almeno l’inizio del film, perché è la parte che mi è piaciuta di più e di sicuro la più interessante.

Dunque, come detto prima, ritroviamo finalmente l’Eletto. Si capisce fin da subito che è incastrato ancora una volta nel Matrix, ma stavolta non sembra rendersene conto. In questo Matrix, Thomas Anderson è un famosissimo sviluppatore di videogiochi che, indovinate un po’, ha creato la trilogia videoludica di più successo del mondo: la trilogia di Matrix. Tutto quello che lui ha vissuto non sono altro che avventure per console a cui tutto il mondo ha potuto giocare. Il suo capo riceve una richiesta dai piani alti: la Warner Brothers vuole assolutamente che loro facciano Matrix 4, se non lo faranno, beh la Warner si prende i diritti e lo farà da sola. Non so se conta come spoiler questo, sono solo i primi 20 minuti di film abbiate pietà.

Con un introduzione del genere ero al settimo cielo: troviamo Neo bloccato in questo Matrix dove i suoi ricordi sono mischiati con la realtà e in cui non riesce più a distinguere se quello che ha vissuto è vero o semplicemente delle scene del videogioco da lui creato. Per non parlare di tutti i discorsi riguardanti la prima trilogia: così come nella realtà, anche in questo film la trilogia di Matrix ha avuto un grande successo (sottoforma di videogiochi), e molto spesso ci sono discorsi su cosa Matrix rappresenta per la società (ed è molto bello vedere le reazioni di Neo quando ci sono questi discorsi). Vediamo quindi differenti punti di vista della trilogia nello stesso film di Matrix: da quello che dice che rappresenta la lotta per il libero arbitrio, ad un altro che “Matrix è la scena dove il tizio schiva i proiettili”, il tutto scritto da una delle registe della trilogia originale, una figata insomma. Si scherza molto spesso sul fatto che Matrix 4 è inutile e innecessario, e fa abbastanza ridere perché è vero anche per il film.

È inoltre ancora più interessante questo paragone film/videogiochi in quanto anche per promuovere il film è uscito un videogioco evento chiamato Matrix Awakens, uno dei primi in Unreal Engine 5, e che i due attori protagonisti si sono a loro volta cimentati durante la loro carriera proprio a far parte di un videogioco (Cyberpunk per Keanu Reeves e Mass Effect per Carrie-Anne Moss).

Insomma, poteva benissimo finire qui. Il film si perde poi in mille spiegoni lunghissimi, zero originalità e una trama fine a sé stessa che non va da nessuna parte. Il finale del film non è nemmeno completo, non si sa che fine fanno determinati personaggi o che conseguenze hanno avuto le azioni dei protagonisti.

Persino gli attori non sembrano avere molta voglia di fare parte del film, soprattutto Keanu Reeves che non è più convincente nel ruolo di Neo come nella vecchia trilogia, in alcune scene non sembrava per niente a suo agio. Altra nota dolente è la mancanza di Laurence Fishburne (Morpheus) e soprattutto di Hugo Weaving (l’agente Smith). Il primo perché, essendo passati 60 anni dall’ambientazione di Matrix Revolution, il suo personaggio è ormai morto, il secondo non ha potuto farne parte per conflitti con altri progetti. Di conseguenza un altro attore interpreta l’agente Smith, e cosa volete che vi dico? Ovviamente è pessimo, non si può sostituire Hugo Weaving in nessun caso.

Persino le scene d’azione, così iconiche nella trilogia nonostante fossero fatte con gli effetti speciali degli inizi del 2000, sono dieci gradini più in basso rispetto a quelle che già conosciamo. Entriamo veramente nel film d’azione tipico senza niente di speciale o di particolare. Ed era forse questo che il pubblico si aspettava di più: vedere l’azione che c’era nei film passati con la tecnologia che abbiamo adesso. Ma no, nemmeno questo.

Finisco col dire che un altra cosa ha penalizzato il film. Durante alcune scene, soprattutto all’inizio, Neo ha dei flashback del suo passato (noi vediamo estratti dei film precedenti) in casi in cui cose simili ai suoi ricordi succedono. Ogni volta che vedevo una scena dei vecchi film non riuscivo a non pensare “ma ecco, guarda come l’avevano fatto bene, che bisogno c’è di farlo così stavolta?”. Non so quale fosse lo scopo di mettere quelle scene, ma mi hanno dato solo un motivo in più per paragonare questo film ai precedenti, di gran lunga migliori.

Per quanto l’inizio fosse figo, non salva un film che non ha una trama ed è pieno di incongruenze, fatto per chissà quale motivo con metà del cast originale. È ancora più triste vedere come, dopo aver concluso una trilogia in modo perfetto e con costante originalità nei tre film, bisogna per forza aggiungere altro solo per richiamare “i bei vecchi tempi”, quando di quei tempi non si ritrova un bel niente.

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Don’t look up

Due astronomi fanno una scoperta scioccante: una cometa grande come l’Everest si schianterà sulla Terra tra 6 mesi e 14 giorni. Se non si trova un modo per deviarla, la Terra verrà distrutta e la razza umana sarà estinta definitivamente. Il tempo scorre e, tra interviste in televisione e incontri con la Presidente degli Stati Uniti, cercano di far capire al mondo la gravità della situazione e l’importanza di trovare una soluzione il più presto possibile.

Già si sa che Adam McKay è un grande (La Grande Scommessa e Vice), ma con Don’t look up arriva ad un altro livello. Prima di iniziare vi devo dire che questo film è stato scritto nel 2019, quindi prima dell’arrivo del Covid, prima delle quarantene e prima dell’ondata di ignoranza mondiale tra teorie complottiste e negazione della realtà. Di per sé é già difficile scrivere un film la cui storia si rivelerà poi una profezia, ma McKay è riuscito a farlo in tempo di record. Don’t look up è l’immagine esatta di quello che stiamo vivendo ora, senza se e senza ma.

È impossibile parlare linearmente di questo film, è veramente carico di significati, critiche e frecciatine sulla società attuale che si perderebbero ore solo per parlare di 10 minuti di film. Provo a soffermarmi quindi su alcuni punti che più mi hanno colpito.

I due astronomi (DiCaprio e la Lawrence) vengono invitati al talk show più importante del paese per parlare della loro scoperta, ma non possono dire che questa indica anche l’estinzione dell’umanità. Loro cercano, nel modo più semplice e delicato possibile di spiegare cosa hanno scoperto, ma i due presentatori continuano a scherzarci sopra dicendo che “bisogna fare così, non si possono dare brutte notizie”. Ed è proprio qui che noi viviamo. Se c’è una cosa brutta con una chiara certezza che succederà, cosa ci viene detto? “È tutto sotto controllo, fate quello che diciamo noi”. Il resto sono solo dettagli, l’importante è che non ci siano cattive notizie e che tutto sia sotto controllo. Ovviamente, alla fine dell’intervista la Lawrence sbotta, urlando e piangendo, dicendo che stanno effettivamente per morire tutti ed è inutile metterla sul ridere. Il risultato di ciò è essere derisa per la scenata e diventare un meme. Eh si, ci sono pure dei meme sulla Lawrence che piange.

Nonostante l’esagerazione del tutto (come la scena che vi ho appena raccontato), tutto è reale. Un intervista così oggi avrebbe la stessa esatta reazione del pubblico su internet. Ed è proprio qui che il film incastra lo spettatore: ci rendiamo conto della follia di ogni scena, ma al tempo stesso sappiamo che oggi è la realtà! Te ridi al tempo stesso della scena e della realtà, perché sai esattamente che quell’azione ottiene la stessa reazione fuori dal film. Questa è la genialità di McKay.

Molto importante è anche Madame President Meryl Streep, che interpreta praticamente Trump al femminile. Sin dall’inizio ignora i due astronomi, fino a quando ci sono le votazioni del midterm e quindi li richiama solo per fare bella figura (non ditemi che non è reale!). C’è poi Mark Rylance nei panni di un moderno Steve Jobs che ha finanziato la campagna elettorale della Meryl, e che quindi ha più potere lui che la presidente in persona. Insomma, ci troviamo veramente in una caricatura della realtà. Non voglio scendere troppo nei dettagli sullo sviluppo della trama perché ogni cosa che succede è veramente geniale!

Così come ogni persona ignora gli avvisi dei due astronomi, anche il film lo fa molto spesso, con un montaggio veloce (tipico McKay) e inserendo in continuazione nuovi discorsi inutili che prendono più importanza della cometa in avvicinamento: le due pop star che si mollano, il nuovo telefono che sta per uscire, e chi più ne ha più ne metta. Il film è rapido nel montaggio così come tutti i discorsi inutili che si accavallano uno sopra l’altro senza lasciare praticamente più spazio per parlare della catastrofe. Insomma, la chiave è proprio quella di ignorare i problemi: sembra familiare?

Il film non è solo interessante per tutte le critiche sociali in chiave comica, ma è ancora più importante nella situazione specifica che stiamo vivendo adesso. Il covid è la nostra cometa in avvicinamento, noi siamo quelli che la ignorano per fare quello che vogliamo quando vogliamo, rischiando inutilmente di morire. E, ripeto ancora una volta, questo film è stato scritto un anno prima della pandemia, ed è impressionante come tutto combacia. McKay ci ha pure aggiunto i negazionisti che dicono che la cometa non esiste, più chiaro di così!

Mi sento di dire una sola critica, che è più che altro un dispiacere. Il film mette in centro solamente gli Stati Uniti e la loro Presidente, mettendo da parte gli altri paesi e nominandoli solo qualche volta. Lo trovo un pò un peccato, sarebbe stato molto interessante anche vedere la dinamica delle diverse potenze in un caso di crisi globale estrema (così come l’abbiamo vissuta). Però il film ci regala più scene di Meryl Streep presidente, quindi va bene lo stesso.

Avrei probabilmente altre mille cose da dire su questo film, ma vi lascio con una canzone presente nel film (che farà parte della Hateful Playlist) di Ariana Grande, perché si, c’è pure lei nel film. Leggete bene le parole e pensate a cosa stiamo vivendo adesso. E per favore correte al cinema (oppure, dal 24 dicembre su Netflix) perché questo è di sicuro il film più importante dell’anno.

House of Gucci

Non penso di dover scrivere molto sulla trama di questo film, sia perché è inesistente, sia perché è abbastanza ovvia: è la storia della famiglia Gucci. Premetto che di questo argomento non so assolutamente nulla, e, prima di dirvi perché questo film è stata una delusione enorme, vi elenco le cose che sapevo prima di entrare in sala:

  1. Il regista è Ridley Scott e il cast è impressionante: Lady Gaga, Adam Driver, Jeremy Irons, Jared Leto e il grandissimo Al Pacino, cosa potrebbe mai andare storto?
  2. Della storia dei Gucci non so proprio nulla, tranne l’omicidio di uno della famiglia (di cui ho già dimenticato il nome) che nel film è interpretato da Adam Driver.
  3. Il film dura 3 ORE.

Ecco, così entro in sala, speranzoso e curioso, pensando di vedere uno dei tanti film attesi di quest’anno.

Ragazzi, mamma mia che roba. Il tempo non passa mai, le tre ore sono pesanti e si sentono tutte. La parte iniziale dove Lady Gaga conosce Adam Driver e famiglia (li chiamo con i nomi degli attori perché non mi ricordo i nomi dei Gucci) è estenuante, sembra che il film non vuole mai uscire da questa introduzione dando sempre nuovi dettagli e nuovi personaggi, e che cazzo ad un certo punto vai avanti con la trama perché qui il tempo passa e ancora Adam Driver sta pulendo camion.

Il peggio però non è nemmeno questo, ma è proprio il cast il problema più grande: tutti parlano in inglese. Voi mi direte “ma è ovvio, sono americani, ti aspetti che parlano in italiano”. Assolutamente no, mi aspetto proprio che parlino in inglese, ma vi lascio qua sotto un esempio di COME parlano in inglese.

3 ore così ragazzi

Vi giuro, a rivedere sto video non mi sembra vero che hanno fatto un film di 3 ore dove tutti parlano così.

Il mio punto è: o prendi un cast italiano, oppure hai un cast americano (della madonna!) e li fai parlare in inglese senza nessun accento. Tutti gli attori sembrano sforzarsi con così tanta fatica nel fare quest’accento che il personaggio resta tutto chiuso lì dentro. Le scene e le battute sono lente, non so se anche per un problema di scrittura, ma sicuramente perché tutti ponderano come dire ogni parola seguendo questo accento forzato che rende il tutto una caricatura di quello che dovrebbero dire in realtà. Jared Leto in particolare (come avete visto nel video) è insopportabile. Immagino solo quanto hanno speso nel truccarlo e poi lui sputtana tutto con sto accento da vero professionista del campo, ma alla fine anche noi Hateful abbiamo bisogno di qualcosa su cui lavorare e lui è un ottimo esemplare, grazie Jared!

Di per sé la parte centrale del film sono tutte le pugnalate alle spalle e i giochi di potere che si sono fatti Adam Driver, Al Pacino e Jared Leto (la Gucci gang). Adam, ormai cotto della Gaga, fa tutto quello che lei dice, a lei però interessa solo il grano e non della sua famiglia, poi lui se ne rende conto e manda tutti a quel paese. La parte importante della storia, nonché l’unica che io conoscevo, viene tristemente sbolognata negli ultimi 20 minuti del film. Lady Gaga contatta una medium (ah si, mi ero dimenticato che c’è pure Salma Hayek nel film) e basta, lei contatta un sicario che ammazza Adam Driver, le due vengono imprigionate, ed ecco, fine del film, ciao e buonanotte.

Vorrei fosse uno scherzo, ma non lo è! Letteralmente: Adam Driver muore, si vedono 5 minuti di tribunale con Lady Gaga e la banda bassotti che ha ingaggiato, e basta. Poi escono le classiche “scritte finali da film basato su storia vera”. Dove, oltretutto, in queste scritte vengono dette cose abbastanza importanti (per esempio la morte di Al Pacino e Jared Leto) che sono state tagliate nel film! I due sono padre e figlio, elementi importanti durante tutto il film, e l’ultima scena dove li vediamo sono loro che si incontrano a caso in un aeroporto (????). Non so nemmeno come descrivere il tutto.

Ma il peggio non ha fine, perché c’è pure una parte del film in cui sembra voler far intendere che pure Lady Gaga è una vittima di tutta questa storia, quando è sempre stata chiaramente una manipolatrice fin dall’inizio (quel povero cristo di Adam Driver nemmeno voleva ballare all’inizio del film, e quel ballo è stata la sua fine). Comunque il vittimismo fa sempre audience quindi ci sta, soprattutto se fatto da Lady Gaga con un accento italiano!

Mi sento di dire almeno UNA cosa positiva, cioè Al Pacino. Lui è un grande, sempre, qui in particolare perché in alcune scene se ne sbatte di fare l’accento italiano e praticamente interpreta sé stesso. Quindi un grande grazie ad Al Pacino che ogni tanto strappava una risata e ci dava una pausa dagli altri discorsi senza senso (ovviamente alternandoli con altri discorsi senza senso, ma almeno senza accento italiano).

Finisco col dire che, qualche mese fa, al festival di Locarno, Edo ha fatto un appello, dicendo che alcuni registi dovrebbero smettere di fare film (ehm ehm Abel Ferrara ehm ehm). Beh, mi attacco con unghie e denti a questo appello:

Ridley, carissimo, so che mi stai leggendo (Hatefan dagli inizi), per favore smettila di fare film. Hai 84 anni stella mia prenditi una pausa, vai in barca da qualche parte, stai coi nipoti, hai già fatto la storia del cinema (il Gladiatore! Blade Runner!!!) non rovinarti la carriera con ste robe, dai, fallo per tutti i tuoi fans. Che lo sappiamo eh, vuoi faire Il Gladiatore 2. Non farlo Ridley, ti prego. O se proprio vuoi farlo, prendi dei romani, non far fare nessun accento a Russell Crowe.